The Bunker Game

The Bunker Game intervista a Roberto Zazzara

Dal larp Bunker 101 al film The Bunker Game ne parliamo con il regista

 

Su Sky è da poco disponibile “The Bunker Game, horror psicologico tutto girato all’interno del Bunker Soratte (un bunker antiatomico rimasto immutato dalla fine della guerra fredda). Ma non è l’unica particolarità del film che prende le mosse da un larp, un gioco di ruolo dal vivo, ambientato e giocato proprio all’interno dello stesso Bunker Soratte. Un gioco ispirato al larp “Bunker 101 della Chaos League che in 4 repliche tra il 2018 e il 2019 ha portato quasi 250 giocatori da tutto il mondo a immaginare di essere gli ultimi superstiti di un’apocalisse atomica.

 

Per KeyNerd abbiamo dialogato con il regista Roberto Zazzara indagando sia la genesi del film sia il mondo del larp. Gioco di ruolo dal vivo che va consolidandosi come nuova forma d’arte che si affianca a cinema e teatro per “raccontare storie”.

 

La passione per il larp, il gioco di ruolo dal vivo

The Bunker Game, GdR Live medievali

Una battaglia medievale, messa in scena dai cosiddetti larpers: le azioni del gioco di ruolo passano dal tavolo da gioco al mondo reale

 

Come sei arrivato al larp? Su Wicked Horror e Daily Dead leggo che è sta stata un’epifania nata da una fotografia?

Roberto Zazzara: “Sì una foto di un amico giocatore. Amico che si era avvicinato al mondo dei giochi di ruolo dal vivo giocando principalmente con la Chaos League (Ironia della sorte sono alcuni membri del collettivo della Chaos League sono pescaresi come me, ma incredibilmente pur appartenendo alla stessa fascia d’età non ci conoscevamo). Un giorno questo mio amico mi racconta che stava andando a fare questo gioco di ruolo dal vivo, ma devo ammettere che non capivo quale fosse il senso.”

 

Se il larp nel grande pubblico è in genere associato alle “spade di gomma” di rumorose battaglie d’ambientazione fantasy, in realtà il gioco di ruolo dal vivo accoglie generi e ambientazione completamente diversi. Nel film The Bunker Game se ne scorge il lavoro dietro le quinte

Roberto Zazzara: “Qualche giorno dopo tornò con una serie di stampe fotografiche. Erano stampe assolutamente coeve in linea con l’ambientazione del larp che aveva giocato. Ma non mi spiegò di cosa si trattasse, né lui non compariva nelle prime foto. Per me, apparentemente, erano semplici foto d’epoca di persone che non conoscevo. Ma poi, ecco comparire il mio amico e la sua ragazza in quegli abiti d’epoca. Erano le foto di fine evento di un larp con ambientazione d’epoca, scattate in maniera coerente con l’epoca e l’ambientazione.”

 

Roberto Zazzara durante “Sahara Expedition”, larp ad alto budget d’ambientazione lovecraftiana giocato nel deserto tunisino a gennaio 2020 (Chaos League – Luca Tenaglia)

 

Un transfert quasi come nel finale di Shining di Stanley Kubrick?

Roberto Zazzara: “Sì, lì mi si è aperta la mente e ho capito le potenzialità che quello strumento aveva per raccontare una storia. E da lì una raffica di domande all’amico e un attimo dopo il desiderio di provarne uno il prima possibile, anche perché al di là della definizione non è semplice da spiegare cos’è realmente un larp, ed è stato così anche nella fase di preparazione per gran parte del cast di The Bunker Game.

E Dungeons & Dragons?

 

Sei arrivato al larp poco meno di dieci anni fa, ma avevi già avusto esperienze di gioco di ruolo classico, alla Dungeons & Dragons? O magari giochi di ruolo più sperimentali come On Stage!, il gioco di ruolo meta-teatrale di Luca Giuliano?

Roberto Zazzara: “In realtà mio fratello maggiore tra le varie passioni che ha cavalcato velocemente negli anni della sua gioventù ha avuto anche quella di Dungeons & Dragons. Ma personalmente non attirava minimamente. Ora devo dire che ogni tanto faccio giochi da tavola e ovviamente ho amici di quel mondo.  Ma a me quello che mi ha fatto uscire di testa del larp è l’immersività. Linteresse non viene dal mondo ludico, che pure ne è la culla, ma come il larp consenta di fare uscire il testo nell’arte stessa. È il realismo: vivi, dormi e respiri nel tuo personaggio.

 

Il linguaggio del larp

 

Sì, il punto è proprio questo. Alcuni generi di larp vivono in una dimensione oltre l’intepretazione di un ruolo, oltre l’elemento del reenactment (rievocazione storica). Si vive per pensare e interagire come l’uomo del “tempo” (storico o ucronico) che si sta “giocando-intepretando”.

 

Dopo l’epifania delle foto com’è stato l’impatto con il larp e il recuperare il tempo perduto?

Roberto Zazzara: “Ovviamente ho cercato di recuperare il terreno non tanto giocando il più possibile, ma anche cercando di capire quali fosse il contesto. Quale le origini del larp, quale il senso, quale il linguaggio di quello che si sta creando attraverso il larp. Io credo che il gioco di ruolo dal vivo sia diventata una forma di espressione artistica autonoma. C’è lo studio preparatorio, c’è il racconto. Fare della scrittura originale, pur nelle sue mille ispirazioni, e “metterla in scena” con un realismo pressoché totale. Pur nei limiti del tempo e della realtà è veramente divertente e, come detto, è diventato riconoscibile come una forma d’arte negli anni. Naturalmente in quanto cineasta ho sempre cercato nel larp di riflettere anche sul rapporto che si poteva creare tra i due linguaggi, il larp e il cinema.”

 

Il larp, una moltitudine di personaggi-protagonisti

 

Il linguaggio del larp si differenzia da cinema e teatro per il numero di personaggi. In un film, in una serie televisa anche con tanti “protagonisti” (pensiamo a “Il Trono di Spade”), seguiamo le vicende di una decina di personaggi. In un larp come quello che ha ispirato “The Bunker Game”, ovvero “Bunker 101” della Chaos League abbiamo 60 “protagonisti”, ognuno con un proprio “viaggio dell’eroe”/”arco di trasformazione”: la propria aspirazione, il proprio difetto fatale. Come fa a funzionare una scrittura così complessa dove si devono intersecare tante storie? Quali sono gli elementi cruciali che definiscono questa storia collettiva, una sceneggiatura che si scrive assieme in tempo reale?

Roberto Zazzara: “Un larp per funzionare può attingere a una sorta di cassetta degli strumenti con alcune meccaniche di gioco. Una serie di punti fermi che non sono sempre obbligatorie o necessarie, ma diventano fondamentali quando le singole storie si intrecciano nell’arco complessivo della storia collettiva. Ho descritto in un post su Facebook quelle meccaniche che mi sono divertito a ricostruire all’interno del film. Non un semplice “omaggio” al larp come ispirazione del film. Bensì un modo per sottolineare questo elemento: evidenziare il legame fortissimo che cè tra il mio film e il mondo del gioco di ruolo dal vivo.

 

Le meccaniche del larp

 

Quali sono queste meccaniche, snodi narrativi, del larp che ritroviamo in The Bunker Game?

Roberto Zazzara: “Innanzitutto le azioni di adunata, quando tutti i giocatori di un gruppo devono decidere qualcosa di fondamentale e quindi poi naturalmente anche parti che diciamo. Dove si risolvono o comunque si intensificano le relazioni tra i vari personaggi. L’”incrocio dei destini” come scritto nel post. Snodi narrativi del larp che potessero diventare anche snodi narrativi del film.”

 

The Bunker game, la scena del party, l’incrocio dei destini dei personaggi del larp

 

Adunata e votazione soprattutto. E aggiungo che anche quando il tuo personaggio potrebbe non essere così coinvolto da un punto di vista “strettamente di gioco” restano momenti di assoluto interesse. Anch’io come giocatore arrivato “tardi” al mondo del larp trovo affascinante e divertentissimo assistere dentro la scena a un processo o un dibattito interpretato dagli altri giocatori. Non sei il pubblico, come a teatro, sei nella scena, la vivi da un’altra prospettiva. È anche questa una caratteristica del larp come esperienza (e forma d’arte)?

Roberto Zazzara: “Assolutamente d’accordo, però devo aggiungere che venendo dal mondo del cinema ho sempre avuto la fascinazione delle scatole cinesi. Ovvero il larp diventa un occasione di fare arte anche all’interno della sceneggiature del gioco di ruolo dal vivo. Ad esempio con Nuova Atlantide (altro larp della Chaos League) assieme a un compagno di gioco intepretavamo due fratelli nella storia. Decidemmo di organizzare all’interno della storia del larp una “serata di esibizione”: invitare gli altri giocatori-interpreti a preparare una sorta di numero artistico coerente con l’arco del proprio personaggio, e poi presentarlo davanti al pubblico degli altri personaggi. Tutto all’interno del larp. Comunque il larp è una forma d’arte e di intrattenimento. E quindi devono esserci anche questi momenti, io credo assolutamente spettacolari. Poi ripeto, sono strumenti. Nel senso che più si evolverà il linguaggio del larp e più saranno le invenzioni che si potranno fare.

 

Il larp e il palcoscenico

 

Arrivi al larp dal mondo del cinema, dal lato più tecnico (regista e direttore della fotografia) e non da quello interpretativo. Com’è stata la “prima giornata di gioco” del tuo primo larp. Ti hanno aiutato le tue competenze artistiche, ti sei buttato? O magari la prima mezza giornata di gioco si è rilevata unesperienza completamente estraniante. Anche perché accanto a te trovi colleghi giocatoriinterpreti che riescono a calarsi perfettamente nella parte senza lasciar trasparire nulla del del vero sè?

Roberto Zazzara: “La mia carriera è tutta dietro la cinepresa, però dall’altro lato dell’obiettivo ho comunque approfondito. In realtà anni fa mi fa decisi di fare un corso di teatro, alla Paolo Grassi di Milano, proprio perché volevo imparare a capire cosa si provasse dall’altra parte. E soprattutto per poter comunicare al meglio con gli attori. Per cui diciamo che comunque il lato del palcoscenico verso il pubblico lo conosco bene. Anche perché nella passione che è nata ho messo su una compagnia teatrale e per qualche anno ho fatto spettacoli. Spettacoli teatrali dentro cui c’era la sperimentazione con il linguaggio audiovisivo. Per cui al primissimo impatto col larp ero un po’ avantaggiato. Sicuramente la deformazione professionale si è fatta subito viva. Ho giocato come se fossi io stesso la mia regia, l’inquadratura attraverso qui godermi lo spettacolo in prima fila. Inoltre mi ero preparato un personaggio non particolarmente comunicativo, in modo che potessi stare nelle situazioni godermele senza sentirmi forzato nell’interazione con gli altri. Ma è bastato poco per arrivare a organizzare meta-eventi all’interno della narrazione collettiva del larp (vedi la serata di esibizioni in Nuova Atlantide).”

 

“The Bunker Game” – il momento della votazione all’interno del larp

 

Arte collettiva

 

A proposito di “arte collettiva” il regista Alessandro Blasetti dichiarò che il cinema è un’arte assolutamente collaborativa. Per il successo di un film non c’era distinzione da regista, sceneggiatore, direttore della fotografia, attori e così via. Però con il larp si raggiunge un altro livello di “arte collaborativa”: si diventa sostanzialmente una intelligenza collettiva e non c’è un produttore o regista che alla fine dicono «Basta! Si fa così!». Cosa ne pensi dalla conoscenza che hai di entrambe le esperienze?

Roberto Zazzara: “Mi sembra un’osservazione molto acuta e che ha in sé anche una riflessione politica. Nel larp parliamo di arte estremamente democratica, perché è una forma d’arte che si costruisce insieme. Estremamente interessante ed incredibilmente contemporaneo. Nell’epoca dei social e del videogaming, nell’epoca di tutto ciò che è comunicazione viene costruita dall’interazione tra gli esseri umani, il larp è la forma d’arte più contemporanea e democratica che esista.”

 

Sottolineo l’elemento dell’interazione. Si costruisce in divenire e in tempo reale. E porta un obbligo di assoluto rispetto degli altri inteso come rispetto alla “coerenza narrativa”. Si ambisce a costruire una scena madre per il proprio personaggio, ma bisogna essere nel rispetto assoluto della storia.

 

L’esperienza del larp 1630

 

Prima di parlare della genesi di The Bunker Game ti chiedo, avendo già partecipato a diversi live, avevi già provato a portare personalmente il larp al cinema?

Roberto Zazzara: “Fin dall’inizio c’è stato un intenso lavoro di riflessione sulle potenzialità del larp e del suo rapporto con il cinema e l’audiovisivo. Con 1630 (altro larp della Chaos League del 2016) il larp è diventato un spunto narrativo. Un rapporto meno intenso rispetto a quello tra Bunker 101 e The Bunker Game: per il progetto cinematografico basato su 1630 il larp è stato usato come fosse un romanzo. Quindi come fosse un “adattamento” della vicenda raccontata dal larp per il cinema.”
Roberto Zazzara: “Noi abbiamo preso ispirazione dalla storia creata dall’ambientazione e dai giocatori di 1630 per farne una versione cinematografica. Versione che prendesse l’ambientazione e parte di quei personaggi. Un lavoro di scrittura che vivesse di quello creato dal larp, ma di fatto solo un “adattamento”. E di quello avevamo preparato il soggetto e tutto quanto. Ma allo stesso tempo la mia fascinazione per il larp non era solo quella di usare quella forma d’arte come set-e-sceneggiatura chiavi in mano, come dei romanzi o dei testi teatrali. Volevo ricrearne l’ambiente, e sperimentare sulla figura del personaggio. Uscire dal personaggio e descrivere quello che è il giocatore-interprete. Raccontare il larp dal punto di vista del larp. Usare il larp per spiazzare lo spettatore. Così nasce The Bunker Game. Iniziare a raccontare una storia che poi si rivela essere un’altra storia.”

 

Una location unica, il Bunker Soratte

 

“The Bunker game – I tunnel del Bunker Soratte durante il film

 

“The Bunker Game è il primo film a prendere sul serio il mondo del larp. C’è una location unica il Bunker Soratte, e c’è un’esperienza di gioco come Bunker 101 della Chaos League. Ma come nasce l’idea di The Bunker Game? Il Bunker Soratte, il larp, o altri fattori?

 

Roberto Zazzara: “Certamente il Bunker Soratte come setting è stato l’elemento principale. Ma l’incipit della storia di questo film non poteva che essere il larp, o meglio la mail della Chaos League che annunciava la prima run (sessione di gioco NdR) di Bunker 101. L’invito della Chaos League e le immagini del Bunker mi hanno aperto un mondo. Sono impazzito dall’entusiasmo, di base sono a Roma per lavoro, e mi sono subito catapultato su una delle visite guidate per visitarlo. Il Bunker Soratte era un posto perfetto per il progetto di realizzare un film di genere horror. Con Davide Orsini, lo sceneggiatore, avevamo già delle idee per un film di genere, e aveva trovato una casa di produzione interessata. Il progetto fu giudicato interessante, ma produttivamente ci posero dei paletti, in particolare girare il film in un unica location. E dal quel punto di vista il Bunker Soratte era l’uovo di Colombo. Visitato il Bunker con Davide abbiamo preparato un pitch di tre righe subito approvato dalla produzione. Sono bastati l’High concept, qualche foto per avere il via libera e una visita al Bunker con la produzione. Non restava che sviluppare sceneggiatura e progetto, e, non da ultimo, giocare Bunker 101.”

 

Il larp e il film, similitudini e differenze

 

Ma come hanno reagito sia la Chaos League che l’associazione di volontari che gestisce il bunker Soratte? «Ci ispiriamo a Bunker 101 per l’incipit e poi il film diventa uno slasher dove di solito i protagonisti fanno una brutta fine…» Senza dimenticare lo stigma con cui i giochi di ruolo vengono di solito trattati al cinema, ricordiamo il leggendario Mazes & Monsters con un giovane Tom Hanks, film che voleva terrorizzare il pubblico statunitense dei pericoli dei giochi di ruolo.

Roberto Zazzara: “Sarò molto sincero, sapevo che c’era questo rischio e quindi ho cercato di coinvolgere fin da subito la Chaos League, anche condividendo alcune versioni dello script, di raccontargli come stava evolvendo la cosa da un lato. Dall’altro spiegando anche come si muove l’industria cinematografica e le regole a cui sottostare. Soprattutto nel caso in cui non si è ancora un cineasta affermato e quindi di non poter avere l’ultima parola su alcuni aspetti del progetto cinematografico.”

 

Roberto Zazzara: La Chaos League è fatta di varie anime c’era chi più timoroso, chi più gasato di questo progetto di film ispirato al loro larp. Ma alla fine penso che da parte di tutti si sia compreso che per una volta si parlava veramente di gioco di ruolo al cinema. E che così si apriva un mondo attraverso lo strumento del cinema di genere. Un mondo che si apre può prendere anche altre strade. Alla fine ritengo siamo rimasti tutti molto contenti di questa collaborazione. Il larp del film è molto liberamente ispirato a Bunker 101, ci sono degli elementi comuni ma tanta diversità, a partire dal fatto che i giocatori-interpreti ricreano una comunità nazista andando ad estremizzare quella che è la premessa di partenza del larp.”

 

“The Bunker gameil cameo di alcuni membri del collettivo della Chaos League all’interno del film

 

I giocatori e il “lato oscuro”

 

Infatti tra Bunker 101 e il larp che si gioca in “The Bunker Game c’è una differenza netta: nel larp della Chaos League si gioca l’America della fine degli anni ’50, in “The Bunker Game i nazisti alla “The man in the High Castle di Philip K. Dick. Come anticipato c’è la volontà di differenziarsi dall’originale, riconoscendo al larp la dignità di arte a sé. Cè lidea di sfruttare il larp come ulteriore spiazzamento nei confronti dello spettatore, le scatole cinesi di una storia che è anche altro. Quali altri aspetti in questa decisione? Lo sfruttare la scia di storia e di sangue di un luogo simbolo del fascismo, dell’occupazione tedesca, delle paure della guerra fredda, come accennato in altre interviste? E infine la possibilità di confrontare il giocatore-interprete con il negativo, il proprio lato oscuro“?

Roberto Zazzara: “Assolutamente sì, hai già dato le risposte nella tua domanda. Sono assolutamente d’accordo sulle tue premesse. In particolare sull’ultimo punto il larp è un esercizio incredibile sull’identità. I due personaggi principali Laura, Gaia Weiss, e Clara, Serena De Ferrari, entrambe con i capelli rossi, hanno un rapporto quasi a specchio. Speculari, con il film che a un livello molto più interno ha tutta  una riflessione sull’identità. Riflessione che naturalmente deriva proprio dal presupposto del larp. Io faccio i larp perché sono divertenti e portano avanti le stesse riflessioni del mio lavoro come autore sull’identità e sull’auto definizione.”

 

The Bunker Game: Un set complicato

 

Come è stato confrontarsi con il Bunker Soratte come set dopo lesperienza di gioco del Bunker 101?

Roberto Zazzara: “L’esperienza è stata veramente tanto impegnativa. Innanzitutto quattro settimane sono abbastanza poche per un tipo di film come Bunker 101, con una particolare cura fotografica, senza esterni, quindi ogni inquadratura richiede la preparazione di un set. Un set la cui conformazione spaziale sono una serie di tunnel molto lunghi. Girando nei tunnel ogni inquadratura aveva una profondità  media di 150 metri, e bisognava decidere se illuminare e come illuminare quei metri. Il “campo base” della produzione era la foresteria all’inizio dell’area del Bunker: lì costumi, trucco e parrucco. Dalla foresteria bisognava arrivare all’entrata del bunker (quasi 400 metri NdR), meglio con macchine o qualunque altro mezzo. E poi una volta entrati bisognava raggiungere le zone adibite per le riprese (le gallerie del tunnel misurano circa 4 km, anche se il set coprivano un’area meno ampia). “

The Bunker Game: niente telefoni o walkie-talkie sul set

Roberto Zazzara: “Alla fine io mi spostavo con una bicicletta tra i set, anche perché è un’ovvietà che vale la pena sottolineare: nel bunker non prendono i telefoni… La bicicletta è stata fondamentale: per una settimana abbiamo avuto il supporto di una seconda unità, principalmente per le inquadrature d’atmosfera, senza scene recitate. E io mi spostavo con la bicicletta, rubata al reparto fotografia, da un set all’altro. E per quanto il bunker fosse diventato quasicasa miadopo settimane di riprese, e abbia imparato a riconoscerne molti angoli (tutti è impossibile), comunque quando giravi l’angolo, muovendoti con una bicicletta in solitudine tra quelle gallerie, quell’inquietudine la sentivo, la facevo mia, la incameravo e poi cercavo di riprodurla nelle inquadrature. Un’ulteriore ispirazione per le atmosfere del film.”

 

E poi c’è anche il “micro-clima” del Bunker, temperatura fissa ma non proprio ottimale?
Roberto Zazzara: “Già, eravamo a gennaio e non solo c’era un gran freddo, ma nelle gallerie oltre alla bassa temperatura cera un vento pazzesco. E ogni tanto si formava condensa sulle pareti che ricadeva come pioggierellina. E fuori il lockdown, per un mese abbiamo vissuto in un hotel là vicino senza incontrare nessuno, e rimanendo molto concentrati (aiutati anche dal fatto che sul set i cellulari non prendevano). Un tour de force.”

 

Roberto Zazzara sul set con la protagonista, Gaia Weiss

 

The Bunker Game: le ispirazioni, Bava…

 

Dalle altre interviste citi tra le ispirazioni guida per la realizzazione di The Bunker Game, uno dei  maestri del thriller-horror italiano, Mario Bava. Altra ispirazione il cinema e la filosofia di Andreij Tarkovskij, ispirazione nata dal confronto tra te e il direttore della fotografia del film, Marco Graziaplena. InThe Bunker Game cosa ritroviamo dell’ispirazione dei due maestri?

Roberto Zazzara: “Il Bunker come luogo ostile viene soprattutto dal classico di Mario Bava Terrore nello spazio, 1965. Sia perché mi piaceva l’idea di rendere cinematograficamente il Bunker Soratte come se i giocatori stessero esplorando una sorta di pianeta alieno ostile. E sebbene l’esplorazione di un pianeta alieno sia una cosa vista in tantissimi film la genialità di Mario Bava in Terrore  nello spazio è stata nel renderla  manifesta da un punto di vista fotografico (come del resto in tutta la sua cinematografia). In Terrore  nello spazio c’è tutta una comunicazione cromatica rispetto allo ostilità del pianeta, resa cromatica che a me piaceva tantissimo e che è stata fonte di ispirazione. E allo stesso modo l’esplorare il bunker per i giocatori protagonisti: un luogo che all’inizio è grande, ma abbastanza limitato, poi a un certo punto diventa pressoché infinito. Luogo infinito e luogo quasi astratto: un luogo dell’inconscio. Mi piaceva appunto l’idea che è all’interno dell’ inconscio che troviamo la casa segreta, quella che nasconde i segreti più intimi.”

 

…e Tarkovskij

 

Roberto Zazzara: “Per quanto riguarda Tarkovskij, c’è stato un momento in cui nella preparazione del film e nel dialogo tra me e Marco Tarkovskij  ha preso il sopravvento. Abbiamo ricominciato a vedere delle scene cercando di capire da un punto di vista tecnico come Tarkovskj potesse sprigionare questa poesia e abbiamo cercato di prendere ispirazione per la realizzazione di The Bunker Game.”

 

Terrore nello Spazio”, film culto di Mario Bava del 1965 che ha ispirato, tra gli altri, il primo Alien di Ridley Scott

 

Da qui in poi lintervista contiene potenziali spoiler sul filmThe Bunker Game” (nessuno spoiler sul larp Bunker 101)

 

I fantasmi e il genius loci

 

Tornando al personaggio di Clara un buon horror per funzionare deve essere rispettoso del proprio genius loci. E The Bunker Game ci riesce perfettamente con la vicenda di questa ragazza, e i tempi in cui gli abitanti di Sant’Oreste convivevanocon il bunker Soratte diventato sede dell’ Oberkommando der Wehrmacht del feldmaresciallo Kesserling. Qual’è stata la genesi di Clara?

Roberto Zazzara: “L’idea era proprio quella della storia della ragazza di paese: il talento canoro, nel posto sbagliato, nel momento sbagliatissimo. Va a lavorare all’interno del bunker e si innamora di un giovane nazista. È una una storia inventata ma la base è il lavoro di ricerca che è stato fatto: , c’erano persone dei dintorni che lavoravano più o meno volontariamente per i nazisti che si nascondevano nel Bunker Soratte. E poi c’è la situazione di Clara, inventata, ma coerente con il contesto. E in un luogo come il Bunker, in una situazione come quella che si innesca in The Bunker Game, diventa naturale per i fantasmi emergere dal passato. Una scelta quasi naturale e per certi versi anche in contrasto con l’immagine più prevedibile del film horror con una serie di giocatori ruolo rimasti chiusi dentro il bunker. A me invece piace tantissimo l’idea che il bunker in qualche modo venisse fuori in maniera visiva e assolutamente “fisica” nel film. Il luogo che si fa personaggio del film.”

 

Sant’Oreste visto dal Monte Soratte, il paese nelle immediate adiacenze del Bunker (via Commons)

 

Virtuosismi tecnici

 

Altro elemento fondamentale per un horror come “The Bunker Game” il sapersi mantenere in equilibrio tra reale e sovrannaturale, anche grazie alla sapiente regia e fotografia del Bunker Soratte. Un luogo che è sia uno spazio chiuso che opprime claustrofobicamente i “giocatori-interpreti”, sia uno spazio che allargandosi sempre più diventa “universo” a sè stante. Un momento chiave della molteplicità degli spazi del Bunker è quello in cui Andrej, Tudor Istodor, si avventura nelsottopavimentodel bunker. Come nasce quella sequenza?

Roberto Zazzara: “Sì, il piano di servizio (nell’area anti-atomica del bunker il piano terra in cemento armato è in realtà fatto di grandi lastre flottanti sospese su un’ampio spazio tecnico al di sotto NdR). Durante dei sopralluogo per il film mi sono ricordato delle grate che avevo visto per accedere a questo spazio. Mi son detto facciamoci aprire la grata e scendiamo sotto per vedere com’è. E mentre scendevo, ho fatto una foto, e nel girarla ho avuto l’idea. Si deve fare! Al di là della trovata tecnica in sè, mi piaceva tantissimo l’idea che con ununica inquadratura si comunicasse in maniera potentissima e diretta che le regole dello spazio del Bunker stessero andando al alterarsi e non fossero più quelle delmondo esterno”.”

 

“The Bunker game– Il bunker come luogo altro, tra nave spaziale e pianeta alieno

 

Gli ambienti oltre il bunker

 

Altro elemento tecnico molto forte del film sono gli ambientiricostruiti”. Da conoscitore del bunker, nel film ho fatto fatica a credere che fossero dei set, e che non fossero reali. In particolare il bagno, con quei lavelli gialli anni ‘70, ero certo fosse un angolo del bunker che non fosse visitabile durante il tour (o durante il larp). Invece

Roberto Zazzara: “Merito del fantastico scenografo Marcello Di Carlo, che ha lavorato con Dario Argento e in tante altre produzioni ambientate in epoche diverse (dalla seconda guerra mondiale di In guerra per amore all’Ottocento di Il mio corpo vi seppellirà NdR). Marcello è un riferimento assoluto in tutto quello che è ricostruzione d’epoca. Oltre al lavoro sul bagno, dove lo spunto sono stati i bagni degli altri bunker sparsi per l’Italia che avevamo trovato nei libri, per quanto riguarda la conformazione, e soprattutto sui colori delle mattonelle e dei sanitari, fondamentale il lavoro per labaita”, la sala da pranzo degli ufficiali nazisti. Anche lì la carta da parati è d’epoca. Quando vai a ricostruire la cosa stupenda è proprio fai esattamente quello che hai nella mente. Per me è stato quasi tornare da bambino, l’entusiasmo di quando costruisci qualcosa da piccolo.”

 

Dalle capanne nel bosco alle capanne nel bunker

 

Sì, la sala da pranzo della Wehrmacht che si vede nelle foto d’epoca durante le visite al bunker. Da visitatore e conoscitore del bunker Soratte ammetto che con Di Carlo siete riusciti a portare la sospensione d’incredulità quasi a far credere che quella sala in legno fosse sopravvisuta alla guerra. Pure la “baita”, oltre al riferimento storico all’occupazione nazista, è anche la capanna del classico film horror, lacapanna nel boscodi tanti slasher, in un bunker che è diventato, come dicevi, uno spazio infinito. Uno spazio aperto. È solo lastoria del bunkerche torna, o anche un omaggio al genere a cui appartiene il film?

Roberto Zazzara: “Ci ho pensato. Nella storia tutto tornava. Insomma perché poi il dramma comincia lì dentro decenni prima ed era giusto concluderlo e risorverlo nello stesso punto. E sicuramente come dicevi lo spazio nel bunker è stato gestito come uno spazio aperto, come il pianeta ostile inTerrore nello spaziodi Bava. E poi la capanna contiene il segreto più intimo, e quindi sicuramente è anche un riferimento alle varie case dell’horror.”

 

“The Bunker game – La “capanna nel bunker

Il cast e il larp

 

Nella prima parte dell’intervista dicevi che non è semplice da spiegare cos’è realmente un larp, ed è stato così anche nella fase di  preparazione del film. Comè andata con il cast diThe Bunker Game laspiegazione di cos’è un larp?

Roberto Zazzara: “, non è stato facile, anche dovendo esplicitare le implicazioni dell’attore nel ruolo delgiocatoreintepretedel gioco di ruolo dal vivo. Ma con Lorenzo Richelmy (protagonista del “Marco Polo” di Netflix) non ho avuto bisogno di questa lungo briefing di qualche ora per spiegargli chi dovesse interpretare. Richelmy alcuni anni fa era stato coinvolto come attore protagonista in un progetto di web-serie, Larpers: to protect and to play, ambientata proprio nel mondo del larp. È stato molto divertente proporgli nuovamente un ruolo da larper.”

 

Un ruolo su misura

 

Roberto Zazzara: “Ma con Lorenzo ci conosciamo da anni, e in un certo senso il ruolo di Gregorio, l’organizzatore del larp, l’avevo scritto pensando a lui. Avevo diretto Richelmy nel 2010 in un cortometraggio, Tiro a vuoto, quando faceva il Centro Sperimentale di Cinematografica. Ci trovammo veramente molto bene ed allora siamo sempre rimasti amici fuori dal set. E a differenza del resto dei personaggi il cui cast è stato fatto a produzione avviata, fin dalla scrittura avevo sempre immaginato lui quel personaggio. Perché mi piaceva molto quel suo modo di essere un guascone adulto. Di sicuro fascino ma allo stesso tempo giocoso, senza prendersi troppo sul serio. Senza fare nomi, mi ricordava tantissimo alcuni organizzatori di larp e quindi diciamo si è un po’ ritrovato il personaggio scritto su se stesso. Un po’ il caso, un po’ il fato.”

 

Il parere dei giocatori sul film

 

Roberto Zazzara nei panni del suo personaggio durante la prima edizione di Bunker 101 (Chaos League – Luca Tenaglia)

 

Dopo la visione diThe Bunker Gameci sono stati i riscontri dai giocatori di Bunker 101 o larper in genere?

Roberto Zazzara: , tra gli altri un larper mi ha scritto dopo aver visto il film. Un super-esperto di larp, magari anche un po’ fanatico in senso positivo. Non ti dico che temessi il suo giudizio, però ero molto curioso di sentire cosa avesse da dire. Ha detto che la cosa bella di The Bunker Game è che alla fine l’unico veramente matto è lunico che non che non aveva mai fatto un larp in vita sua. Quindi la categoria dei larper è salva.”

 

Un’ultima curiosità, che personaggio hai giocato nella tua run di Bunker 101? Io ero l’archivista del Bunker 101, e forse c’è un po’ anche di lui nell’intervista. Chi era Roberto Zazzara nel Bunker 101?

Roberto Zazzara: Io ero lo speaker della radio del Bunker, quello giocato da Marcus, Makita Samba. Un ulteriore omaggio al larp.”

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