Hiroshima. Nel paese dei fiori di ciliegio – Recensione
I fiori di Hiroshima
Il 6 agosto 1945, gli Stati Uniti d’America sganciarono la bomba atomica nella città di Hiroshima, seguita pochi giorni dopo da una seconda sulla città di Nagasaki. Un’azione che “indubbiamente” portò alla Resa del Giappone, al costo di migliaia di morti innocenti al solo scopo di “piegare” una nazione ormai sconfitta.
Quel che successe alle vittime fra le 70 e le 80.000 persone, gli effetti nei sopravvissuti e nel territorio delle cittadine colpite, ancora oggi sono un simbolo della Violenza della Guerra, del Pericolo di una Guerra Nucleare e dello stesso Nucleare. Un’ironia della Storia, che Hiroshima, una città della terza Potenza dell’Asse, sia un simbolo dei Morti Innocenti, assieme al paese polacco di Auschwitz. Gli orrori vissuti in questa città hanno ispirato numerosi Capolavori, dal cinema, ai fumetti, fino ai romanzi, e continua ancora oggi ad essere fonte di ispirazione per diversi autori, oltre che monito.
E se proprio vogliamo vedere in molte di queste opere un difetto, è quello di avere un tono molto politicizzato, criticando alcuni sistemi politici o economici come responsabili dell’evento.
Ma, come insegna Gandalf il Grigio:
E infatti, esiste un piccolo manga, pubblicato nel 2004 dall’autrice Fumiyo Kono autrice di “Questo piccolo angolo di mondo”, che mostra di trattare il tema di Hiroshima in un modo atipico rispetto ai numerosi Capolavori. Si tratta di Sakura no Kuni, pubblicato in Italia come “Hiroshima. Nel paese dei fiori di ciliegio”.
TRAMA
La storia è divisa in due parti, ambientate in tempi consequenziali, con due diverse protagoniste: Minami Hirano, una ragazza dei quartieri poveri della Hiroshima degli anni Cinquanta, e Nanami Ishikawa, che vive dieci anni dopo Minami in un’altra città. Nella prima parte assistiamo alla vita di Minami, alle sue difficoltà e gioie quotidiane, dal pagamento dei versamenti all’università alle serate radio e i primi amori, con il desiderio di risparmiare abbastanza per visitare il fratello Asaji, adottato dalla famiglia Ishikawa. Nella seconda vediamo la vita di Nanami, prima da bambina vivace con un padre, Asaji, distaccato e sempre serio, e poi da giovane donna mentre segue il proprio padre in un viaggio ad Hiroshima connotato di mistero.
L’ATTESA E LA MEMORIA
Diversamente da altre opere riguardanti l’evento della bomba, ambientate nei giorni dello sgancio del Little Boy, “Nel paese dei fiori di ciliegio” mostra una città che si sta ricostruendo, che non sembra aver sofferto un evento tanto terribile. Eppure, questa calma, la stessa vissuta da Minami, è solo una calma apparente, quasi una “Calma Serale”. Una calma vissuta dalla stessa Minami: nonostante si presenti ottimista, e voglia vivere la sua vita nelle piccole gioie, dalle serate di musica alla radio con la madre e il suo primo amore, lei è afflitta dalla memoria di quell’evento, e dalla paura di morire all’improvviso. Una paura comprensibile, visto che molti dei sopravvissuti alla bomba del 1945 sarebbero morti in seguito, a causa delle radiazioni, e per molti in Giappone resterà un forte sospetto verso gli abitanti di Hiroshima o chi ha parentele lì, come è per l’altra protagonista, Nanami, che vede alcuni dei suoi cari morire, prima con gli occhi da bambina in un paese in pace, senza capirne il motivo, e poi da adulta, seguendo da lontano il viaggio misterioso del padre.
VITA COME TESTIMONIANZA DELLA MEMORIA
Nonostante uno stile cartoonesco, più adatto ad un kodama che ad un lavoro per adulti, Nel paese dei fiori di ciliegio riesce a compiere con straziante delicatezza una missione: trasmettere la Memoria. Le stesse Vite di Minami e Goemon sono parte della Memoria dell’Orrore avvenuto, di come questo continua ad andare avanti, della necessita d’essere ricordato. Minami lamenta di come la sua vita, e quella di tanti altri, sia stata considerata come “sacrificabile”, e di come la Memoria di quel che è stato sia sempre presente a Testimoniare quel che è Stato. E lo vediamo anche nella scelta grafica della descrizione delle situazioni, l’uso della china, l’assenza delle campiture nere piene, che suggeriscono il Mondo di Ricordi narrati e vissuti dai personaggi, permettendoci di entrarci dentro. Noi partecipiamo alla Memoria, come Minami che ha sentito la sua spilla fondersi sulla testa, e ha visto e odorato i corpi bruciare. Così come Nanami, seguendo il padre nel suo viaggio, parteciperà alla Memoria di quel che è stato, trovando il suo posto. Ed è giusto, perché la Memoria di tutto questo serve: a Nanami per capire il proprio padre, la sua famiglia; a noi lettori, per capire cosa significa non solo una vita spezzata, ma anche come questa possa spezzarsi all’improvviso, rendendola niente più che una calma serale, pronta a sparire all’alba. Ma non c’è condanna. Non viene mai detto nella storia che la colpa sia della guerra, del Nucleare, o degli Stati Uniti che hanno sganciato la bomba. Chi ha deciso questo non gli interessava prima, e non gli interessò dopo. Non ha un nome, e merita solo l’Oblio. Quello che resta è la Memoria delle Vite Falciate e pronte ad esserlo.
“CONSIDERATE CHE QUESTO È STATO” MA NON DIVENTI UNA TOMBA
In “Se questo è un Uomo”, Primo Levi sostiene che dopo Auschwitz, nulla potrà tornare come prima, che la memoria di ciò che è stato è un fardello eterno. E questo potrebbe sembrare anche “Nel paese dei fiori di ciliegio”, davanti a tutte queste morti e alla Memoria. Ma qui, la Memoria non viene intesa come un qualcosa che ha fine solo in sé stessa, e nel tramandarla al posto di chi non può più. Perché, nonostante la morte possa in qualche modo presentarsi, nessuno dei personaggi vuole arrendersi a questo orrore, chiudendosi in un sentimento di rabbia, o di desolazione. Sia nella “calma prima della morte”, che quando la vita è sicura, c’è un solo desiderio. Vivere. Nonostante il Destino Scritto da Altri, nonostante il Pregiudizio. Vivere. Non solo per se stessi ma anche per gli altri. Non c’è una qualche Apologia dei Morti, poiché non sono Martiri per qualcosa. Sono solo Vittime di qualcosa che non li riguardava, e che quello che meritano è la Pace, quella che loro non hanno avuto.
conclusione
In genere i fumetti sono in genere considerati Capolavori per meriti Artistici, come l’uso di una certa grafica abbastanza Particolare, o Ricca, o per le Tematiche. Il Paese dei Fiori di Ciliegio ha una grafica molto semplice, senza grandi Prospettive o Particolari. Le anatomie sono cartoonesche, come in Topolino, e anche se affronta una tematica Dura, non lo fa nel modo in cui siamo in genere abituati, mostrandoci gli Effetti della Bestia Umana. Ma grazie all’uso attento dei dialoghi e della grafica semplice, riesce a rievocare in ciascuno di noi le sensazioni e le emozioni dei personaggi, e di tutti i Morti di Hiroshima, usando un tatto che non ci risparmia in alcun modo dall’Orrore, un metodo non diverso dalla descrizione delle camere a gas nel graphic “Maus” di Art Spiegelman.
Perché questo manga non è un lavoro di Denuncia verso Qualcosa o Qualcuno. Vuole solo raccontare delle Vite, Vite che possono, potrebbero e potevano essere. La Vita di Hiroshima, dei suoi Morti. Perché non serve dire un Nome per capire perché sono Morte. Basta solo sapere che queste Vite potevano essere in Pace, e non lo saranno più. Ma che queste Vite, e quelle che verranno, desiderano solo la Pace. E che questa Pace, che non è qualcosa di limitato a una situazione sociale o a un conflitto, è qualcosa di Più, che non può e non potrà mai essere negato.
Nato nel 1996, ai limiti fra Millennials e Girelle. Un altro che si divide fra studio, ricerca di un lavoro e impegno culturale. Che impegno? Sapete, uso delle arti grafiche e similpittoriche per produrre capolavori che possano imitare i lavori dei Grandi Cultori delle Arti. Cioè disegna fumetti. O meglio, ci prova, visto che ha appena finito la Scuola Comics. Però, questo aspirante membro del club di “chi non fa un lavoro vero”, non è il classico “simpatico nerd di quartiere”. Io sono un tafano, cresciuto nutrendosi di ogni possibile fumetto, manga o comic, che potesse rintracciare. Ma leggendoli sotto la lente di qualcosa che ci ha fatto tremare nella nostra infanzia e adolescenza. Qualcosa che ci riporta ai nostri ormonali e brufolosi terrori. La Cultura Classica! “FUGGITE SCIOCCHI!”
i giochi piu costosi della storia
Ciao e grazie per questo meraviglioso post, si vede subito che siete persone pratiche del settore