5 film dove inaspettatamente si parla di Dio

Anche dove non te l’aspetti, una storia può esprimere riflessioni legate alla Fede

 

Spesso un film può essere lo spunto per una riflessione ben più seria del mero intrattenimento. Capita anche con quei film dove non ti aspetti nulla di ciò, di solito per il genere a cui appartengono. Pertanto, capaci di parlare di Dio in modo molto più efficace di tante esegesi moderne. Quella segue è la Top 5 dei film che noi di KeyNerd reputiamo i migliori movie capaci di sorprenderci su argomenti prettamente legate alla Fede.

 

5. Signs

 

5 film dove si parla di Dio, Signs

Shyamalan è l’esegeta dell’ambivalenza e del dramma teologico interiore, che usa l’elemento fantastico o del mistero come strumento per sondare la crisi e la rinascita spirituale dell’individuo

 

Il film di M. Night Shyamalan, Signs, è superficialmente un’opera d’invasione aliena, ma in realtà è un’indagine sulla Provvidenza. La crisi di fede del pastore anglicano Graham Hess (interpretato dal Mel Gibson) nasce con il lutto, dopo aver perso la moglie. La vera rivelazione di Signs è che laProvvidenzaagisce anche quando perdi la fede. Gli eventi che salvano la famiglia Hess – l’asma del figlio, la bottiglia d’acqua, le ossessioni di ogni personaggio – non sono miracoli casuali, ma fatti concreti che permettono la sopravvivenza. La salvezza non è un premio per la fede ritrovata, ma la naturale e logica conseguenza di un Dio che agisce sempre, anche quando non crediamo più in Lui. È l’algoritmo divino in azione, che smaschera le creature aliene – archetipi perfetti del nemico – vulnerabile all’elemento più puro: l’acqua.

 

Pertanto, anche se il film sembrerebbe parlare di alieni, in realtà su questi ultimi non ci fornisce alcun elemento di riflessione. È la logica della Provvidenza rispetto allateismo di Graham il vero tema di quest’opera. Capita a tutti i credenti, alle volte non pensiamo che Dio stia dalla nostra parte, perché non siamo in grado di notare il grande schema dove:

 

[…] tutto concorre al bene di coloro che amano Dio. ~ Romani 8, 28

 

4. Pulp Fiction

 

5 film dove si parla di Dio, Pulp Fiction

Tarantino non è un predicatore, ma un maestro di sceneggiatura che lavora sul contrasto e sulla “verità di superficie”. Il suo potere, come potenziale “esegeta” si basa sul sar sorprendere lo spettatore con qualcosa di forte, che lo costringe a una riflessione ben precisa

 

Quentin Tarantino, con la sua narrazione iper-violenta, riesce a esprimere concetti in modo così estremo come nessun altro. La vita di due gangster, Jules Winnfield e Vincent Vega, prosegue come al solito, fin quando sopravvivono a una sparatoria grazie a un miracolo. Per Jules, è lopportunità di una presa di coscienza, per riconoscere l’esistenza di Dio. Il suo amico Vincent, pur assistendo allo stesso “miracolo”, sceglie la negazione. Il suo rifiuto non è ateismo, ma la paura di dover rimettere tutto in discussione. Accettare che quel fatto sia reale significherebbe invalidare la sua intera esistenza, rinunciando alla sua identità di gangster. Vincent, così, incarna la cecità moderna di chi preferisce rimanere nell’illusione rassicurante che la vita non cambierà in modo inaspettato. Questo lo condannerà a una fine scontata nel mondo del crimine.

 

Tarantino, pur mostrandoci un racconto a dire poco violento e apparentemente lontano da riflessioni spirituali, sfrutta la sua narrazione per esplorare molti concetti interessanti, tra cui quello della conversione di fronte levidenza di un fatto miracoloso. L’universo stesso è un miracolo, eppure pochi hanno il coraggio di mettersi totalmente in discussione e intraprendere quel viaggio che comincerà Jules in modo evidente quando, nella tavola calda, inviterà due criminali ad abbandonare i loro propositi e si accontenteranno del denaro che il gangster, deciso a cambiare vita, gli lascia.

 

Me ne vado in giro per il mondo… tipo Caine in ‘Kung Fu’. Andarmene in giro per il mondo, affrontare avventure, conoscere la gente… e, sai, forse Dio mi indicherà la strada. ~ Jules Winnfield

 

3. Don’t Look Up

 

Don't Look Up, 5 film dove si parla di Dio

Adam MCKey, con il suo metodo “esegetico” non si basa sul soprannaturale (come Shyamalan) o sulla violenza stilizzata (come Tarantino), ma sulla dissezione iper-razionale dell’assurdità umana per rivelare la verità

 

Il film di Adam McKey è una critica potente al pensiero dell’uomo odierno. Nel mondo moderno capita di continuo, soprattutto con coloro che non sono in grado di mettersi completamente in discussione quando sono al cospetto di qualcosa che potrebbe mettere a nudo la verità: non abbiamo alcuna sicurezza. Don’t Look Up (da noi recensito) è l’allegoria più spietata, dove la Verità rappresentata dalla cometa in rotta di collisione, diventa inaccettabile non per mancanza di prove, ma per la cieca paura di perdere il confortevole mondo delle false sicurezze. Il film denuncia la Cecità Moderna, l’incapacità o la volontaria negazione di «Guardare in alto». Il destino del mondo, in questo scenario, è segnato: il risveglio di coscienza universale non avviene. L’eroismo non risiede nel salvare il pianeta, ma nella battaglia per la Verità inattaccabile condotta dai dai protagonisti, che da “scienziati” si ritrovano nel ruolo di “profeta”.

 

La scena finale, con i protagonisti riuniti per mangiare insieme, in profonda comunione e gratitudine, non è una sconfitta. Ma il trionfo di chi ha combattuton per la Verità: un piccolo gruppo ha rinunciato all’illusione del salvataggio materiale, accettando con dignità l’evento e rendendo grazie per l’esistenza, dimostrando che la vera salvezza è spirituale. E si trova nella coerenza con la Verità, indipendentemente dal fato che il mondo possa finire o meno.

 

Non siamo neanche in grado di comunicare tra noi. Cosa diavolo ci sta capitando? Cosa abbiamo fatto a noi stessi? ~ Dr. Randall Mindy

 

2. La vita di Pi

 

5 film dove si parla di Dio, La vita di Pi

Yann Martel, il suo metodo esegetico non è né satirico (McKay), né basato sul thriller (Shyamalan), né sulla violenza stilizzata (Tarantino), ma sull’uso deliberato della narrazione come strumento per trascendere il nichilismo e forzare la scelta nello spettatore verso la bellezza della Fede

 

La vita di Pi è un film tratto dall’ononimo romanzo di Yann Martel. L’esegesi de La vita di Pi sposta il dramma dalla sopravvivenza fisica a quella spirituale, ponendo lo spettatore di fronte a una scelta ontologica che dà senso all’intero viaggio. Alla fine della sua avventura, Pi deve fare un resoconto della sua storia in mare aperto insieme a una tigre del Bengala. Ma è costretto degli ispettori a “ridimensionarla”… La storia “cruda” con l’orrore del cannibalismo e la riduzione dell’uomo a una preda senza dignità, rappresenta la mediocrità e il nichilismo di una verità meramente orizzontale, dove la vita è solo una manifestazione della violenza e del caso. Questa è la narrazione che condanna l’uomo a rimanere una realtà insignificante, schiavo dei suoi istinti — incarnati da Richard Parker, l’istinto ferino che deve essere domato, non eliminato. La storia “migliore” quella con la tigre e il miracolo della sopravvivenza, è invece la Verità grande che, pur riconoscendo il dolore, lo innalza a un significato profondo e pieno di speranza, agendo come un atto di fede logica nella Provvidenza.

 

Quel è la Verità? Lo spettaore è, così, messo di fronte a una scelta. La richiesta finale di Pi, di scegliere la storia migliore, non è un appello all’estetica. Ma un invito a respingere la mediocrità nichilista in favore della pienezza del senso dell’esistenza.

 

Dio va difeso dentro e non fuori di noi. ~ Yann Martel

 

1. The Road

 

5 film dove si parla di Dio, The Road

Per McCarthy il mondo post-apocalittico non è una degenerazione o un’anomalia. Ma la nuda verità dell’umanità senza Dio, che pur di sopravvivere è disposta a rinunciare al Bene e a perdere sé stessa. Il protagonista de La strada, continuando a restare nel ruolo che la Provvidenza gli ha dato, quello del padre, continua a vedere Dio nel volto del figlio

 

The Road, film tratto dal romanzo La strada di Cormac McCarthy, non è un’opera post-apocalittica come le altre, ma basata sul ruolo di un padre in un contesto di estrema sopravvivenza. In questo Inferno in Terra, il padre mantiene la sua missione: difendere suo figlio, per lui l’ultima scintilla dell’esistenza di Dio. Convinto che il figlio sia la sua unica garanzia, il vero e unico volto di Dio, che non può essere toccato dalla violenza circostante, il padre farà ogni cosa pur di proteggerlo. Il racconto ci mostra che anche se il mondo diventasse un inferno intollerabile, il nostro ruolo non cambierebbe. Nulla ci impedirebbe di portare a termine la nostra vocazione più grande: amare chi Dio ci ha messo accanto. Il Padre non cerca il conforto della fede, ma vive in base all’amore assoluto e operativo che gli arde dentro, un atto di coerenza logica che dimostra come la Verità non risieda nella dottrina, ma nel sacrificio puro. Il passaggio finale del figlio a una nuova famiglia che crede in Dio, sancisce che la vocazione paterna ha raggiunto il suo fine ultimo.

 

The Road, pur mostranoci un mondo post-apocalittico agghiacciante, riesce a trasmettere un messaggio pontentissimo. L’amore è un vocazione che può essere compiuta anche se il mondo si trasformasse nel luogo più lontano da Dio. Questo grazie all’incredibile spiritualità di un autore come Cormac McCarthy.

 

A volte racconto al bambino vecchie storie di coraggio e giustizia, ormai così difficili da ricordare. L’unica cosa che so è che il bambino è la mia garanzia. E se non è lui il verbo di Dio, allora Dio non ha mai parlato. ~ Il padre

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