Don’t Look Up – Recensione
Il film più discusso del momento, non amato dalla critica americana
Nè dal resto degli Stati Uniti e/o degli americani, a quanto pare un po’ suscettibili su certi argomenti… in quanto questo film, volutamente polemico, di Adam McKay è molto netto e diretto nella critica che, senza mezzi termini, fa riguardo la società americana… e non soltanto su quella! Cioè, un film realizzato per far riflettere ed accendere discussioni che, in questo momento, sono anche necessarie per tirare le somme su ciò che davvero conta. Ma al di là di ciò, si tratta di un buon film? Scopriamolo insieme, analizzandolo e valutando anche i messaggi in esso veicolati, oltre che le prestazioni degli attori, la regia e ogni altro aspetto di quest’opera così discussa ma al tempo stesso divenuta enormemente virale.
E se la morte fosse imminente per tutti?
Adam McKay, già famoso per la sua cronaca satirica della contemporaneità, realizza Don’t Look Up, un film per Netflix, ambientato ai giorni nostri e che punta a criticare molti aspetti della società americana e, in parte, del mondo contemporaneo. Già queste premesse lo rendono un film poco adatto a chi non è aperto a mettersi in discussione e a riflettere su cosa realmente sta andando storto nella realtà.
Don’t Look Up comincia subito entrando nel cuore della conflitto in cui saranno coinvolti tutti i personaggi: una dottoranda di Astronomia all’università del Michigan, Kate Dibiasky (interpretata dalla bravissima Jennifer Lawrence), scopre una nuova cometa. Sembrerebbe un buona notizia se non fosse che il dott. Randall Mindy (interpretato dal grande Leonardo DiCaprio) arriva a calcolare che l’orbita dell’immenso corpo celeste è in rotta di collisione sul nostro pianeta.
Subito i protagonisti mettono in chiaro come stanno le cose: tra sei mesi e mezzo l’impatto con la cometa comporterà la fine di tutte le specie viventi, genere umano incluso, provocando un’estinzione di massa di molto peggiore rispetto a quelle avvenute nel passato della Terra. I due protagonisti si rivolgono alla Casa Bianca e, dopo una lunga attesa, vengono accolti dalla Presidente degli Stati Uniti (Meryl Streep). Qui parte la trama vera e propria, perché la scoperta che davvero sconvolgerà i due scienziati sarà quella di rendersi conto che a nessuno davvero importa niente della notizia! Anzi, senza anticiparvi nulla, saranno altre le priorità a cui i potenti e giornalisti daranno peso riguardo ciò che sta per accadere a breve.
Il rifiuto della realtà
Adam McKay in questo suo film attacca tutti senza esclusione di colpi, ma non lo fa per ferire o denigrare chi non la pensa come lui, e soprattutto non cede mai al cinismo e mai cade nel cattivo gusto. Tutti sono considerati corresponsabili dell’incapacità di risolvere i problemi del mondo, perché la nostra società ha nei fatti delle priorità del tutto sbagliate. E per quanto si tenterà di “risolvere” la questione dello scontro della cometa diretta sul nostro pianeta, senza girarci intorno, verrà fatto capire da subito come semplicemente non ci siano le premesse per poter salvare un mondo che, in fondo, è già perduto per tanti altri motivi. Quella della cometa che sta per distruggere la vita sulla terra si scopre solo un espediente narrativo, oltre che una valida metafora, per discutere della nostra società e della sua incapace di alzare gli occhi al cielo e affrontare la realtà, di rendersi davvero conto di quali siano le priorità non solo sociali e politiche, ma della vita stessa.
Infatti sarà proprio il finale, amaro ma commovente al tempo stesso, ha tirare le somme con un’unica frase pronunciata dal personaggio di Leonerdo DiCaprio dopo un momento di preghiera, condivisione e ringraziamento a Dio per tutto quello che abbiamo:
Cosa hanno capito di possedere i protagonisti dopo aver raggiunto la consapevolezza che la realtà non si può cambiare? Sono le cose che davvero contano: le relazioni. E questa verità che, forse, Adam McKay cerca di far capire: la morte arriva per tutti con o senza cataclismi planetari, il benessere non è una garanzia, la scienza o il progresso tecnologico non serve a niente se non si è in grado di farne un buon uso e l’intera società con o senza corpi celesti capaci di estinguere la vita sulla terra è, comunque, perduta se non si comprende ciò che davvero conta. Gli interessi economici dei potenti e la miopia delle persone comuni di rendersi conto dei veri problemi sono ciò che davvero è attaccato senza pietà in tutto il film.
Il messaggio, al di là delle tante critiche e polemiche che accende per tutto lo svolgimento della storia, è assolutamente condivisibile e appropriato ai nostri tempi.
Noi non siamo in grado di guardare in alto.
Una realizzazione… eccelsa!
Don’t Look Up ha un cast davvero strepitoso e un gran numero di personaggi ben riusciti. Spicca Peter Isherwell (Mark Rylance), fondatore e amministratore di un’azienda di alta tecnologia, che è senza alcun dubbio una critica alla figura di Steve Job e anche di altri personaggi che non stiamo qui ad elencare. Altrettanto ben riusciti lo skater Yule (Timothée Chalamet) che nel finale si rivela un personaggio inaspettatamente fondamentale per la comprensione del tema del film, per il lato inaspettatamente religioso, oltre la presentatrice tv Brie Evantee (Cate Blanchett) e Jason Orlean (Jonah Hill) che riesce in più di un’occasione a strappare qualche risata alleggerendo quanto basta i toni, a tratti drammatici, del film.
Mentre cosa dire di DiCaprio e della Lawrence? Si confermano come sempre attori versatili, adattandosi perfettamente alla inusuale sceneggiatura che alterna ironia, sarcasmo e drammaticità con notevole talento da parte di entrambi. Personalmente vedere questi due grandi attori insieme in un film di questo genere e in ruoli così diversi dal solito è uno dei punti forti dell’opera di Adam McKay.
Per tutto resto il film è ben girato, con scene evocative collocate al momento giusto, scene tragicomiche che si alternano ad altre piuttosto serie e ricche di spessore. Si lascia anche molto spazio per più di un’interpretazione della storia, anche se il finale è piuttosto chiaro su quale sia il vero problema che tutti si rifiutano di accettare.
Conclusione
Tecnicamente ben fatto, un cast di attori notevole e una storia che fa davvero riflettere senza essere mai inutilmente spregiudicata od offensiva. Ma la cosa che sorprende è il tema del film, che il titolo stesso suggerisce:
Anche se fosse troppo tardi, vale sempre la pena di guardare in alto e capire che le priorità della vita non solo quelle che ci rifilano la politica, i mezzi d’informazione mal gestiti e tutti quei falsi valori che, forse, hanno già reso la situazione “irrecuperabile”.
Ma anche se le cose fossero così tragiche, come proposte in Don’t Look Up, vale sempre la pena di alzare gli occhi al cielo e cercare di fare il bene. O almeno provarci pure se le cose alla fine andranno male! Insomma, un film che ci “giudica” e ci chiede di accetterà la scomoda realtà piuttosto che continuarcela a raccontare.
Dunque, un po’ per il gusto di andare controcorrente , gli diamo quasi il massimo dei voti, perché una riflessione di questo tipo, almeno in questo momento, secondo noi era davvero necessaria: ★★★★, soprattutto per il finale assolutamente azzeccato dal nostro punto di vista.
Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un cammino che mi ha portato ad amare quel senso profondo della realtà che si può sintetizzare con il Viaggio dell’Eroe, di cui la Storia delle storie è per me la massima espressione. Dunque, mi occupo di sceneggiatura, spiritualità e narrativa!
Debora
Bellissima recensione, molto profonda!