Religione e Giappone: quello che non tutti sanno!
I giapponesi sono più spirituali di noi occidentali?
Cosa sappiamo del Giappone e la religione? Siamo abituati all’idea che la religione e Giappone non siano granché compatibili… o che sia un paese secolarizzato come il nostro, ma è davvero così? In realtà il Giappone, pur avendo avuto un’influenza nel suo sentire religioso dalla cultura occidentale, ha mantenuto alcune caratteristiche tipiche della sua antica tradizione. Vediamo insieme di cosa si tratta!
La fluidità religiosa del Giappone
I giapponesi nascono shintoisti, si sposano cristiani e muoiono buddisti. ~ Detto giapponese
Questo detto rappresenta un po’ la situazione del Giappone rispetto il loro rapporto con la religione e la spiritualità. Infatti, il popolo del Giappone nei primi anni di vita si approccia allo shintoismo, poi si sposa in chiesa con il rito cristiano, anche solo per una questione meramente estetica e non sempre per motivi davvero religiosi; e spesso negli ultimi anni di vita pratica il buddhismo. O almeno così pare, a detta dei giapponesi!
Questa “fluidità” la rivediamo anche nelle loro convinzioni personali, che al contrario delle nostre non sono così nette e categoriche. Per un giapponese l’Aldilà può davvero essere qualcosa a metà strada tra il credo politeistico e il credo cristiano, con paradiso e inferno per entrambi. Del resto per l’antica cultura giapponese l’idea di un luogo inferiore (l’Inferno e la Terra) e un luogo superiore (il mondo celeste degli déi) non sono affatto incompatibili con i cosiddetti novissimi della fede cattolica: cioè, con l’Aldilà cristiano. Infatti anche nel Cristianesimo è prevista un realtà inferiore (la Terra è, nei fatti, parte degli Inferi: luogo inferiore) e il Paradiso è una realtà trasfigurata di esseri celesti e/o divinizzati. Dunque, dal punto di vista di un giapponese, Kami e Angeli non sono poi così diversi…
Un mix religioso?
Infatti, chiunque è un accanito lettore di manga e/o romanzi giapponesi può accorgersi di quanti elementi della cultura giapponese siano mescolati con quelli della cultura occidentale. Al di là del credo religioso, il senso estetico presente in un certo tipo di cattolicesimo attira molto i giapponesi, tanto da rielaborarlo in tante opere di fantasia, come Trinity Blood e Fire Force tanto per citarne alcuni, od onnipresenti in molti fantasy. Senza contare i manga gotici, horror e steampunk. Oppure rielaborazioni del credo religioso cristiano, ma con libere interpretazioni, anche piuttosto intuitive, come in B: The Beginning. In pratica, se noi tendiamo a sposare in modo netto monoteismo, politeismo o ateismo, in Giappone si tende più inconsapevolmente per la monolatria, legata più o meno al rapporto con la natura, o quanto meno per un agnocismo piuttosto aperto. Ovviamente, in Giappone non mancano gli atei né le critiche alla religione. Ma sono più una diretta conseguenza dell’aver assorbito un modo di pensare occidentale che di giapponese ha ben poco.
La principale religione del Giappone, quel è?
A riprova di ciò, secondo gli studiosi statunitensi Richard H. Robinson e Willard L. Johnson i sondaggi di opinione indicherebbero che molti giapponesi non si identificano più in una religione specifica. Anzi, sembrano trovare normale il fatto che il Giappone abbia più religioni. Ognuna adatta per un preciso momento della vita o per una particolare esigenza spirituale. Dunque un Giappone fluido nella religiosità, ma non per questo non desideroso di spiritualità e di scoprire una realtà trascendente. Il forte esistenzialismo presente nella loro letteratura, manga inclusi, del resto è la prova schiacciante di questa attitudine del popolo giapponese. Dall‘altra parte la “fluidità giapponese” comporta anche il rischio di appiattire tutto, portando le persone a vivere la fede in modo superficiale.
Shintoismo
Lo shintoismo è la religione autoctona del Giappone, una cultura religiosa che esiste da diversi millenni. Prevede l’adorazione dei Kami, cioè divinità, spiriti naturali o altre entità ultraterrene. Alcuni Kami sono spiriti guardiani di un luogo particolare, e possono anche essere degli Yōkai, ma altri possono rappresentare uno specifico oggetto o un evento naturale, come per esempio Amaterasu, la dea del Sole. Tale dea rese più facile ai missionari cristiani spiegare il culto mariano. Anche le persone illustri, come eroi o antenati, divengono oggetto di venerazione dopo la morte e possono essere, in alcuni casi, annoverati tra i Kami. Cioè, il culto degli antenati. Questo è molto simile alla comunione dei santi della Chiesa cattolica e del Chiesa ortodossa, che consiste nel venerare persone morte in odore di santità, defunti divinizzati o creature celesti come gli Arcangeli, ecc…
Nella seconda metà del XIX secolo, nel contesto della restaurazione Meiji fu elaborato lo shintō di Stato, che mirava a dare un supporto ideologico e uno strumento di controllo sociale alla classe dirigente giapponese, e poneva al centro la figura dell’imperatore e della dea Amaterasu, progenitrice della stirpe imperiale. Lo shintō di Stato fu abolito alla fine della seconda guerra mondiale, con l’occupazione del Giappone da parte degli americani. Nonostante se ne sia parlato poco, questo momento storico fu particolarmente traumatico per il popolo giapponese. Oggi molte pratiche che una volta erano esclusive dello shintoismo, come la divinazione, non sono più insegnate e possono essere praticate al di fuori del contesto religioso.
Buddhismo
Il buddhismo arrivò in Giappone nel VI secolo. Allora, alcuni monaci coreani, originari della parte meridionale del regno di Paekje, portarono le traduzioni cinesi dei libri canonici (sutra) nella terra del Sol Levante e qui si diffuse velocemente, grazie all’aristocrazia giapponese appartenente alla casa imperiale, che aiutò a incrementarne la diffusione con la costruzione di numerosi templi e monumenti.
Il buddhismo giapponese si compone di differenti scuole, le quali vengono raggruppate in quattro principali correnti:
Buddhismo di Nara
Comprendente sei scuole di pensiero, dal Kusha fino al Nichiren Shōshū.
Buddhismo della Terra Pura
Sviluppatasi intorno al culto del Buddha Amitabha il quale vive in un “paradiso occidentale” cui il fedele può accedere invocando il suo nome. Infatti uno dei credi di questa corrente è che la “buddhità” non possa essere ottenuta da soli: è necessario appoggiarsi su un “altro”, che in questo caso è Amida, attraverso la sua invocazione in modo da raggiungere definitivamente il Nirvāṇa.
Buddhismo Nichiren
Deriva dall’opera del monaco giapponese Nichiren, il quale stabilì una forma più radicale di buddhismo incentrata sul Sutra del Loto. L’insegnamento di Nichiren era rivoluzionario per il suo tempo, egli fu il primo pensatore giapponese a sostenere che le donne potessero ottenere l‘illuminazione.
Buddhismo Zen
Con il termine Zen ci si riferisce a un insieme di scuole buddhiste giapponesi che derivano per dottrine e lignaggi dalle scuole cinesi del buddhismo Chán a loro volta fondate, secondo la tradizione, dal leggendario monaco indiano Bodhidharma. Per questa ragione talvolta si definisce zen anche la tradizione cinese Chán, ma anche le tradizioni Sòn coreana e Thiền vietnamita.
Cristianesimo
L’evangelizzazione cattolica del Giappone ebbe inizio il 15 agosto 1549, quando il missionario gesuita Francesco Saverio sbarcò sull’arcipelago nipponico provenendo dalla penisola di Malacca. Egli fu responsabile della fondazione della prima comunità cristiana, la quale trovò posto nell’isola di Kyūshū. Nel corso del XVI secolo la comunità cattolica crebbe fino a toccare le 300.000 unità, e la città marinara di Nagasaki ne rimarrà il centro principale.
Diversamente da quello che si crede per colpa del molte persecuzioni, il cristianesimo trovò un terreno feritile in Giappone. Infatti proponeva valori di mitezza, rettitudine, aiuto ai poveri e il diritto a un salario equo che il popolo giapponese trovò pienamente condivisibili. In più avendo in comune sia un culto per defunti che una devozione a una figura femminile (Amaterasu), come nella devozione mariana, la fede cattolica poteva tranquillamente integrarsi con le tradizioni nipponiche. Anche gli ideali cavallereschi, quelli nati nel Medioevo con Bernardo di Chiaravalle, furono molto apprezzati in Giappone. Per tutte queste ragioni, una volta compresa l’importanza di un aspetto decoroso per le figure religiose, i missionari non trovarono altre difficoltà nel diffondere il Vangelo. Anzi, la classe contadina e molti samurai, soprattutto i roin, abbracciarono con convinzione la fede cristiana.
La Chiesa cattolica piace ai giapponesi?
Altro fattore che giocò a favore dell’evangelizzazione, e che tuttora stimano i giapponesi, è la presenza di un’istituzione ben strutturata, divisa in una gerarchia. Ma soprattutto la grande considerazione che la fede cattolica aveva del senso del sacro, dell’arte, della cultura, del bello e della forma. Infatti, tutt’oggi tra i quasi 3 milioni di cristiani presenti in Giappone, la maggior resta cattolica od ortodossa e ci sono meno protestanti. Non sempre è facile capire in che modo aderisce un giapponese al cristianesimo, proprio perché spesso cadono nel sincretismo senza accorgersene. E non dimanchiamoci che in Asia si crede molto nel potere della natura, in modo non dissimile dal panteismo. Ma ci sono anche bellissime comunità cristiane di cui ignoriamo l’esistenza.
Samurai cristiani
Tuttavia, lo shōgun Tokugawa Ieyasu interpretò la presenza dei cristiani come un pericolo al controllo del Paese. Dopo una cruenta battaglia, culminata nel famoso Assedio di Hara, dove i cristiani capeggiati dal leggendario Amakusa Shirō, furono tutti massacrati con l’aiuto dei protestanti olandesi. La rivolta dei contadini e dei cristiani che chiedevano la libertà religiosa e maggior diritti, ebbe per esito un netto arresto all’evangelizzazione. Infatti ne scaturì un editto di espulsione dei cristiani che bandì il cristianesimo. E con tale pretesto si espulsero tutti gli stranieri e si vietò ai cristiani giapponesi di praticare la loro religione. Ciò nonostante i cristiani continuarono a professare la fede in modo sotterraneo, rimanendo fedeli alla Chiesa cattolica.
Solo nel 1853 il Paese fu riaperto ai rapporti con l’estero, facendo sì che numerosi religiosi di fede cattolica, protestante e ortodossa sbarcassero in Giappone. Nel 1871, a seguito della restaurazione Meiji e dell’entrata in vigore della libertà religiosa, fu riconosciuto alle comunità cristiane il diritto all’esistenza.
Feste cristiane anche tra i giapponesi non cristiani
Oltre al rito del matrimonio cristiano, in Giappone si festeggia Natale e San Valentino. Anche la notte di Halloween, derivata da Tutti i Santi, viene festeggiata in maniera simile al mondo anglosassone. Non mancano altre feste che provengono da quelle appena menzionate, come il Whit Day, dove sono le donne a ricevere regali al posto degli uomini, a un mese di distanza dalla festa di San Valentino: il 14 marzo.
Il contributo dei cristiani nella ricostruzione del paese dopo l’atomica
Hiroshima piange, Nagasaki prega. ~ Detto giapponese
Alcune figure cristiane furono determinanti per la ricostruzione del Giappone dopo la tragedia delle due bombe atomiche, come Takashi Paolo Nagai, considerato un santo cattolico anche se la sua causa di beatificazione è ancora in corso. La sua fu una storia sorprendente, che potete approfondire nei libri che scrisse di persona riguardo la sua esperienza dell’incubo nucleare. Fu infatti un sopravvissuto all’atomica lanciata su Nagasaki, vedendo orrori indicibili, e rimanendo profondamente segnato come tutti da quella infernale esperienza. Da ateo si convertì alla fede cattolica, cercando di ricostruire soprattutto Nagasaki. Come scritto sopra, Nagasaki era il centro della cristianità giapponese e l‘olocausto atomico ridusse drasticamente il numero dei cristiani in Giappone. Tuttavia, i cattolici sopravvissuti, guidati da figure di spicco come Nagai, fecero l‘impossibile per ricostruire il Giappone devastato dalla guerra. Ancora oggi si ricorda il detto: «Hiroshima grida, Nagasaki prega.» È un modo per indicare i due diversi modi di reagire alla tragedia rispetto la fede delle due città.
Niente film sull’atomica!
In più di 80anni non ci sono stati colossal hollywoodiani a ricostruire uno degli orrori più terribili della storia dell‘umanità. Come è facile intuire, le ragioni di questo sono scontate… E da parte loro, il popolo giapponese non ama troppo né ricordare la storia delle due atomiche, pur avendola sublimata con tanti altri generi narrativi, né ama ricordare quando si macchiò egli stesso di genocidi e persecuzioni. Un esempio al riguardo è il voler affrontare il meno possibile le persecuzioni dei cristiani a partire dal XVI secolo. O quelle del popolo cinese durante la seconda guerra mondiale.
Mangaka cristiani?
In Giappone si producono un enorme mole di romanzi, manga, anime, film e fiction. Ma da noi arrivano solamente quei prodotti che sono considerati adatti al grande pubblico occidentale. Ciò significa che molte opere che toccano temi scomodi per l’Occidente o che sono volutamente di genere religioso, non arrivano qui da noi in Italia. Due esempi tra tutti gli autori cristiani sono Hidenori Kumai e Kozumi Shinozawa, che hanno traposto – come manga – alcune delle storie bibliche. Oppure My Last Day, dedicato alla passione di Gesù, dello Studio 4°C. Ma l’argomento non riguarda solo la religione. Prima o poi scriveremo un articolo su tutto ciò che non arriva da noi in Occidente, sia nell’ambito del sacro che del profano.
Valori in comune?
Il popolo giapponese, per quanto diverso da noi, condivide il realtà molti del nostri valori, anche se con parametri diversi. Per esempio il senso del peccato è presente anche in Giappone, dato che nelle antiche tradizioni religiose giapponesi ci sono concetti di giusto e sbagliato (o puro e impuro). E non molto dissimili dal pensiero giudaico-cristiano. I giapponesi, anche partecipando ad alcune pratiche shintō, più che rivolgersi agli déi o alle forze della natura, spesso si rivolgono a Dio in modo simile al nostro. E l‘occidentalizzazione ha influito profondamente anche sul sentire religioso. L’idea che con o senza gli déi, o altre forze sovrannaturali, possa esserci un Dio Onnipotente come causa ultima di ogni cosa è un pensiero comune anche in Giappone.
Per quanto riguarda la sessualità, anche qui abbiamo valori in comune. Lo notiamo nelle loro opere, dove il rispetto per la persona amata, un amore puro e la fedeltà, sono idealizzazioni non soltanto romantiche. Ma dettate dal semplice buon senso. Naturalmente, anche il Giappone soffre la secolarizzazione. Ha assorbito parte della mentalità relativista dell‘Occidente e questo ha avuto conseguenze anche sullo stile di vita delle persone, sulla morale, sessualità inclusa. Anche il Giappone, come tanti altre nazioni della nostra epoca, ha i suoi problemi e vorrebbe una riscoperta di quei valori che considera perduti, oltre che mantenere vive le sue tradizioni.
Altre religioni?
Esistono altre religioni in Giappone, che vanno da piccole comunità ebraiche fino a una quarantina di moschee sparse sul suolo giapponese. Ma i giapponesi, almeno nella stragrande maggioranza, non sembrano nutrire interesse per queste o altre religioni non legate alla storia del paese. Questo fa parte sempre del forte tradizionalismo giapponese.
Religione e Giappone: conclusione
Religione e Giappone, davvero non si conciliano?
Il popolo giapponese è, per ragioni ben note, molto introspettivo e introverso, con una grande creatività, dotato di un forte senso estetico e desidera dare un senso all’esistenza. Questo lo rende, certamente, un popolo con una forte attitudine spirituale. Ma smorzata da una realtà ben diversa, cioè secolarizzata o ancora troppo attaccata ad alcune superstizioni, che si scontra con il suo più intimo desiderio. Proprio come da noi, anche in Giappone si desidera l‘Eternità e la comprensione del senso della vita. Ma nessuna delle religioni presenti nel paese è, almeno al momento, in grado di rispondere all‘esigenze dei giapponesi riguardo la fede. O di scuotere questo popolo e condurlo verso quella spiritualità che tanto anela, che non si riduca a una tradizione vuota o sterile.
Affascinato dalle storie di Arda, ho cercato di capire perché Tolkien sostenesse che a essere immaginario è solo il tempo in cui sono ambientati i suoi racconti. Ho così iniziato un cammino che mi ha portato ad amare quel senso profondo della realtà che si può sintetizzare con il Viaggio dell’Eroe, di cui la Storia delle storie è per me la massima espressione. Dunque, mi occupo di sceneggiatura, spiritualità e narrativa!
Debby Pac
molto interessante!
Ranni84
Se comparato con quello che emerge dalla narrativa giapponese, mi sembra un articolo molto valido. Interessante soprattutto la parte sul cristianesimo, di cui non si parla mai.